Africa

19/02/2007

Libia sud est 2007. Diario (4)

Autore: Alberico Barattieri

Cufra - Campo Jebel Arkanou 

 19 febbraio 2007

Km 266 (1244)

Lauta (!) colazione ed alle 9, dopo una mezz'oretta passata a controllare i mezzi e caricare le nostre sacche, i motori rombano. In fila indiana partiamo per questa tappa molto attesa, in direzione del Jebel Awainat, al confine con il Sudan e l'Egitto. Ri-attraversiamo il centro, superiamo l'affollato distributore, svoltiamo a sinistra e seguiamo l'asfalto rattoppato verso la periferia sud della città. Arrivati all'estrema periferia, Auad abbandona la strada infilandosi in una apertura nella recinzione sulla nostra sinistra. Sabbia, subito molle, ma facciamo ancora qualche centinaio di metri prima di fermarci lungo una recinzione vegetale che protegge un campo coltivato, per sgonfiare le gomme.

Sgonfiamo parecchio perché sappiamo che i primi trenta chilometri saranno costituiti da sabbia molle su cui è vitale galleggiare il più possibile. Visti i problemi della sera prima porto la pressione a 1,2 dietro e 1,1 davanti. Intanto passa un caffè prontamente preparato da Marco e resta anche il tempo di una sigaretta. E poi si parte. Dopo pochi chilometri comincia il piatto assoluto. Le ultime macchie scure di Cufra sbiadiscono presto dai nostri retrovisori ed il caldo e la luce abbagliante avvolgono la nostra corsa. Viaggiamo ad alta velocità, ognuno con quella che si confà meglio alle caratteristiche del proprio mezzo, su traiettorie parallele distanziate di qualche centinaio di metri.
Come al solito in queste situazioni il mio 80 è condizionato dai rapporti del cambio automatico: per restare in quarta marcia devo tenere una velocità superiore ai 70 kmh e sulla sabbia molle, quando non mollissima, è una specie di battaglia fatta di attenzione e piede felpato. Il motore in alcuni tratti è sotto sforzo e per sicurezza attacco la ventola supplementare. Funziona.

Seguiamo la successione di punti sui nostri gps fino a quando subito dopo aver scavallato una duna isolata Auad si ferma e ci fa rigonfiare un po'. La pista diventa più consistente ed i nervi si distendono. Continuiamo verso sud. Ora le piste sono svariate e si intrecciano in modo caotico per cui la guida diventa "creativa", saltando da una traccia all'altra nel tentativo di seguire sempre il tratto migliore. In corrispondenza di una balise posta a fianco di un piccolo gruppo di rocce nere che emergono dalla sabbia ci fermiamo per lo spuntino. Il sole martella il giusto e, tanto per cambiare, tira vento.
Proseguiamo nel caos di piste e Elvio è l'unico ad imbattersi in un posto di blocco. Tre poveri cristi lasciati a cuocere in mezzo al niente a cui la generosità di Elvio deve essere apparsa come un dono di Allah.

A metà pomeriggio le piste si sono sempre più diradate, fino a sparire del tutto. Sotto le nostre ruote è di nuovo la sabbia a farla da padrona (ri- sgonfio le gomme) prima piatta e poi con grandi dune morbide che attraversano la nostra rotta. E' un terreno con qualche zona più molle ma in generale "tiene" e permette medie elevate e guida divertente.  Siamo un po' sparpagliati da una quarantina di chilometri essendoci dati un punto di ritrovo ben preciso. Sono l'ultimo del gruppo e a qualche chilometro dall'arrivo vedo Elvio ad un centinaio di metri sulla mia sinistra. Finalmente ecco il gruppo, sul dorso di un grande cordone. Motori spenti. Chiacchiere e sorrisi. Il posto è bellissimo. All'orizzonte nella luce che tremola per il calore si stagliano i rilievi del Jebel Arkanou ed Awainat.

Ma manca ancora Elvio. Passano i minuti e la sagoma squadrata della Land non appare. Chiamiamo per radio. Nulla. Saranno fuori dall'auto a spalare sabbia? Mah! Dopo altri cinque minuti di tentativi vado a cercarlo. Guardo le tracce sulla sabbia e seguo quelle che mi paiono le mie. In teoria prima o poi sulla destra dovrei vederlo. Passa un cordone, poi due, tre.. ed al quarto eccolo lì. Bello piantato in una zona di sabbia molle. Mi fermo sul dorso della duna, più in alto dove la sabbia è consistente e scendo con le piastre. Da vicino la situazione è peggio che da lontano. E' insabbiato non solo fino ai ponti ma il muso ha letteralmente scavato una fossa. Conscio che le piastre non bastano torno alla macchina a chiamare via radio i rinforzi. Che arrivano e si mettono all'opera. Prima di tutto binda per sollevare il muso, cosa che porta via il suo tempo, poi piastre e spinte. Ma non c'è verso. Alla fine Auad decide di fare la cosa più pratica. Avanza sul molle, mette due strop e con la sua abilità riesce non solo a non insabbiarsi ma ad estrarre la Land. Applausi, urla di giubilo. Ma quando Elvio torna vicino a noi un rumorino mi insospettisce. Viene dal ponte posteriore. Facciamo due prove e la diagnosi è delle peggiori: è partita la crociera della trasmissione al ponte posteriore. Dunque l'unica chance è quella di mettere il blocco del differenziale e viaggiare con la sola trazione anteriore. Credete che questo smonti il nostro genovese? Macché! Se si eccettuano una serie di improperi e considerazioni poco gentili sull'assistenza Land che gli aveva garantito che quel pezzo era a posto, sembra non sia successo nulla. Anche la Land fa finta di niente scavallando le ultime dune che ci portano sul grande piattone che circonda il Jebel Arkanou.

Mano a mano che ci avviciniamo la montagna prende le sue giuste proporzioni occupando un bel pezzo di orizzonte. Però il sole è ormai basso e ci rendiamo conto che non riusciremo ad arrivare al Jebel Awainat con la luce. Pieghiamo allora sulla nostra sinistra per portarci in una conca a mezza costa del rilievo che precede Arkanou. Tira vento. Fa freddino, ma il morale è alto e l'aperitivo lo sostiene egregiamente.

 

Campo Jebel Arkanou - Jebel Awainat - Autoblindo Arkanou - campo rilievi vulcanici 

20 febbraio 2007
km 179 (1423)

Come strategicamente deciso ieri sera, oggi entreremo nel Jebel Awainat evitando di scendere a sud del rilievo onde evitare di incontrare il posto di controllo militare e le conseguenti perdite di tempo. L'obiettivo è quello di essere sulla via del ritorno e fare campo a ridosso della zona molle prima di Cufra, in modo da affrontarla domattina quando la sabbia sarà più consistente e la Land patirà meno la trazione sulle sole ruote anteriori.

Ma intanto dobbiamo andare ancora a sud. Scendiamo dall'altura, ritroviamo le tracce della pista che passa ad ovest di Arkanou e siamo presto in vista del Jebel Awainat dal quale ci separano altri morbidi e molli cordoni di dune. E' mattina e dunque galleggiamo passabilmente bene. Nel giro di un ora siamo alle porte del grande cratere. La passe per entrarvi è una grande valle che si apre tra le rocce scure. Il fondo è sabbioso e consistente. L'aria è ferma e questo unito al fatto che siamo in controluce contribuisce a creare una sottile coltre di polvere che filtra il panorama. Spettacolo lunare. Dopo un po sulla nostra destra una serie di rocce dalle forme morbide che si arrampicano una sull'altra. Ed è proprio alla base di una di queste pareti che un grande blocco posto in orizzontale forma una sorta di riparo insabbiato. Il posto è bellissimo. Così dovevano pensarla anche gli uomini primitivi che sulla faccia inferiore del riparo hanno dipinto animali, riti e scene della vita che nei tempi remoti pervadeva queste valli. Lo stile è simile a quello delle pitture che si trovano nell'Acacus, con tratti decisi e stilizzati di colore prevalentemente rosso.

La valle si apre e si stringe. Rare e solitarie acacie di età rispettabile a giudicare dal tronco punteggiano la sabbia grigia che ricopre il terreno. Sono tutte infestate dalla cocciniglia, tanto da luccicare sotto il sole come se fossero coperte di rugiada. Giungiamo su quella che pare la riva di un wadi dove la pista svolta verso ovest attraverso un piccolo boschetto. E' il punto più a sud che toccheremo in questo viaggio. Più a est la zona dovrebbe essere minata e ci guardiamo bene dall'avventurarci sulle tracce che vanno in quella direzione. Una mina (disinnescata) a bordo pista suona un po' come un monito. Seguiamo la pista in una valle che poco a poco gira verso nord. Entriamo in un altra zona di rocce dalle forme bizzarramente monumentali. Vaghiamo un po' cercando di scorgere dei ripari suscettibili di poter ospitare pitture ma la classica fortuna dei dilettanti ha deciso di non farsi vedere, per oggi. Alla fine troviamo un riparo che crea quel tanto di ombra da permettere di fermarci per il consueto spuntino senza cuocere sotto il sole. Siamo in un luogo magico. Intorno a noi pinnacoli e rocce in bilico formano gigantesche architetture degne di un film fantasy.
Il Jebel Awainat è il vertice in cui si incontrano le linee di confine tra Egitto, Libia e Sudan, una zona ad alto rischio a causa delle mine che i tanti conflitti che sono passati da queste parti hanno lasciato in eredità. La sua parte ad est, quasi interamente in territorio sudanese ospita un grande numero di insediamenti preistorici che purtroppo ci sono preclusi. Almeno per questa volta..

Lasciamo il Jebel Awainat ripercorrendo le nostre tracce e ci troviamo di nuovo ad affrontare le dune trasversali. Questa volta è un ora calda e la sabbia più molle che al mattino. Parto per ultimo e dopo un primo tratto tranquillo vedo tutti fermi davanti a me. Elvio si è insabbiato e Auad ha deciso di fargli superare le dune al traino. Via radio Marco mi dice di non fermarmi e proseguire fino ad uscire dalla zona molle. Bene, bellissimo. Vado avanti. La sabbia è davvero molle e devo andare morbido e veloce per non mettermi nei guai. Il problema è che poco dopo mi trovo in un gassi che ha una parete quasi verticale da scavallare. Essendo solo non mi conviene tentare la sorte e comincio a risalire il gassi verso est fino a quando intravedo un passaggio agevole nel quale mi butto dopo aver scalato in terza e messo il blocco del differenziale. Si passa. Dall'altra parte ancora un po di dunette prima di ritrovare finalmente del terreno solido. Mi fermo, spengo il motore e approfitto della pausa per farmi la barba ed un caffè. Via radio sento ogni tanto qualche frase che mi tranquillizza: piano piano stanno arrivando. Ed infatti una mezz'ora dopo eccoli comparire tra le dune un chilometro più a est. Tutto ok. Solo Elvio è un po' scocciato per aver dovuto fare al traino di Auad un bel pezzo di sabbia.

Davati a noi il Jebel Arkanou, verso il quale puntiamo. Pista veloce, molti scheletri di cammelli che non ce l'hanno fatta calcinano al sole. Ci dirigiamo verso l'imbocco della grande valle che taglia il jebel da sud ovest verso nord est. Siamo alla ricerca di un nuovo relitto, resto di una guerra dimenticata. E' una autoblindo Panhard che sembra posta come monito all'ingresso della lunga valle. Ed in effetti segnala un limite oltre il quale è pericoloso spingersi. Il Jebel Arkanou è infatti in gran parte minato. Il mezzo è in buono stato. A turno entriamo all'interno: un luogo talmente angusto e pieno di spigoli vivi che viene da chiedersi se abbiano mietuto più vittime loro o le granate nemiche. Come ci stesse un equipaggio di tre persone è un mistero. Pochi resistono ad una posa da capocarro sulla torretta con il cannone ancora bello puntato in avanti, ma forse perché figlia di un popolo con una grande tradizione militare, la nostra Heidi è quella più credibile. Guardandola ci si aspetta che da dietro l'angolo spunti Rommel!

Ci rimettiamo in viaggio tutti belli contenti. Auad fa strada e noi seguiamo. Sembra di passare in luoghi diversi dal giorno prima ma in realtà non ci stacchiamo mai più di 500 metri dal percorso effettuato in senso inverso. Superiamo le zone più sabbiose senza particolari problemi. La Land galleggia che è una meraviglia e solo quando la sabbia è molto molle va in crisi. Fortunatamente sono tratti brevi e Elvio è ferocemente deciso a non subire "l'onta" di un traino. Mezz'ora prima del tramonto siamo ormai ad una cinquantina di chilometri a nord ovest di Arkanou quando Marco decide che per oggi può bastare.
Facciamo campo presso dei rilievi di roccia vulcanica cosparsi di ciottoli scuri e cavi all'interno. Delle bolle di pietra disperse su una superficie di roccia bianca a onde, come una risacca pietrificata. Monto velocemente la tenda e vado a fare un giro per godermi, seduto su un altura il ridondante tramonto in questo grandioso scenario di roccia e sabbia.


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