MSF missions

07/12/2003

Monrovia, Liberia - Autunno 2003 #2

Autore: Roberto La Tour

Domenica, 7 dicembre 2003: inchiostro biro e rigor mortis

Sono sempre qui, vivo, vegeto e sano, anche se coperto da una specie di eruzione cutanea dovuta, pare, alla costante sudorazione. Siamo entrati nella stagione asciutta, il che significa che piove di meno, c'è più spesso il sole che fa evaporare le pozzanghere, aumentando ulteriormente l'umidità dell'aria. La mia vita procede tra l'Ospedale Benson, la casa a Mamba Point, e il New Jack, il bar di fronte da cui ci si gode il tramonto sorseggiando birra "club" ghiacciata. Le regole per la nostra sicurezza però non cambiano, e come alcuni di voi già sapete, le auto, la casa e l'ospedale sono equipaggiate di radio, e se andiamo a spasso dobbiamo portarcene dietro una. I telefoni cellulari funzionano e li usiamo, ma la radio resta il mezzo di comunicazione prediletto. Per motivi di sicurezza, inoltre, persone e luoghi hanno nomi in codice. MSF-Svizzera è "cheese", la casa con l'ufficio è "cheese base", l'altra casa è "blue cheese", io sono "cheese three-seven", le auto sono "turtle one, turtle two" e così via, mentre il Benson Hospital è "Bravo Hotel" (non so se lo sapete, ma per dire ABCD non si dice Ancona Bari Como Domosdossola, ma Alpha Bravo Charlie Delta). Ogni volta che partiamo in macchina, ecco il dialogo dell'autista con il radio-operatore: "Cheese base fort turtle 1, over" "Turtle one for cheese base, go ahead" "I am leaving your location directed to Bravo Hotel, over" "Cheese base to turtle one, over" Turtle one to cheese base, over" "Yes, who is with you, over?" "I am carrying Cheese 3-2, cheese 3-5 and - attimo di silenzio, si rivolge verso di me, bisbiglia - Roberto, what cheese are you? - Cheese 3-7 - and cheese three-seven" "well copied, over and out" E così via. Sarà una coincidenza che proprio la sezione svizzera di MSF sia formaggio?

Le emozioni in laboratorio continuano, sempre legate al fatto che siamo diventati un centro trasfusionale. Dalla ginecologia arrivano richieste urgenti di sangue, che di solito non abbiamo, quindi stufi del panico costante dovuto alla mancanza di donatori, ci siamo rivolti all'Associazione Liberiana Donatori Sangue, ne abbiamo trovati due, poi abbiamo capito cosa fare: bisogna abbaiare con la famiglia del paziente. Gli diciamo con tono duro e deciso che per salvare la loro figlia/sorella/moglie, abbiamo svuotato la nostra emoteca (grande parola per un frigo con qualche sacca di sangue), e quindi sono pregati di darsi da fare per riempirla di nuovo, ricordandosi inoltre che da noi non devono pagare una lira. Sono anche stati minacciati che ci saremmo ripresi il sangue dalla loro parente. Ha funzionato, venerdì e sabato abbiamo avuto la coda di donatori, tutti famigliari di due donne salvate per miracolo, uteri e vesciche scoppiati. Ieri una ragazza piccolina, mingherlina, ma con un carattere da governante di collegio ha trascinato da noi uno stuolo di persone grandi, grosse e nerborute. Peccato che se ne siano dovuti escludere tre per epatite B. Inoltre stanotte c'è di nuovo stata un'emergenza, una "placenta previa", cioè la placenta esce prima del bambino, emorragia spaventosa garantita, e la nostra riserva si è subito esaurita. Tali emergenze notturne inoltre fanno tirare giù dal letto il tecnico in piena notte, e stamattina, chiamato io in emergenza, ho trovato il laboratorio che era un bordello.

Qualche giorno fa abbiamo avuto un'emergenza di un altro genere: è morto un bambino, e il sospetto è la Difterite. E' una malattia gravissima, spesso letale con i bambini, ed estremamente contagiosa. Abbiamo deciso che era indispensabile, per gli altri bambini e per la famiglia della piccola vittima, accertarsi se era veramente difterite: "Roberto, hai modo di vederlo in laboratorio"? Io, che di Difterite mi sono occupato tutta la vita, guardo sui manuali: "purtroppo no, mancano i reagenti" "va bene, portiamo un campione all'ospedale cattolico, hanno un bel laboratorio" "ragazzi, dico io, non vorrete mica che sia io a fare il prelievo nella gola del piccolo cadavere?" "no no, lo fa Pierre (un amico di Helmi in visita), che ha esperienza" "va bene, poi vi accompagno al Catholic". Su di ciò, nessuno si è premunito di avvertire la famiglia ne l'ambulanziere, e il bambino è stato riportato a casa. Così partiamo anche noi per quella casa, e mentre aspetto in macchina con l'autista e con Helmi, sentiamo i canti a lutto provenire dalla casa. Intanto Pierre è entrato con Stewart, un PA (Phisician Assistant) liberiano, per spiegare la situazione e fare il prelievo. Torna dopo mezz'ora con i campioni, e una grossa macchia blu sui pantaloni e le mani. Ci spiega che il padre ha capito perfettamente il rischio e ha accettato subito che Pierre facesse il prelievo. Quest'ultimo ha dovuto farlo sul corpicino con tutta la famiglia in cerchio intorno. Ora era passato del tempo dal momento della morte, e il corpo era entrato in "rigor mortis", cioè i muscoli erano diventati rigidissimi, quelli della mascella compresi. Pierre non aveva nulla per forzare la mandibola, e ci è riuscito con una biro, che si è però spezzata, riempiendo di inchiostro lui, ma anche la bocca del bambino, per fortuna da fuori pare non fosse visibile. Poi di corsa al Catholic, dove ci hanno preso i prelievi, e il giorno dopo ci hanno detto che non hanno trovato i batteri della Difterite, ma i medici continuano ad avere il dubbio e adesso tutto lo staff della pediatria è sul qui vive. Concludo questa storia macabra segnalando che mentre noi facciamo tutto gratis, l'ospedale Santo, Cattolico e Apostolico ci ha chiesto ben 40 dollari per una semplice colorazione su vetrino, e altrettanti per un esame simile del liquido cerebrospinale di un paziente, deceduto pure lui, per sospetta meningite.

Questa mattina sono andato con Philip da Omar, il mio tecnico, per il battesimo di suo figlio. Avevo tanta voglia di andarci quanta di infilarmi una supposta, perché benché fossi un po' curioso, dopo i due anni in Senegal mi immaginavo una cerimonia musulmana in Africa Occidentale. Infatti, si è trattato di sedersi su delle panche, aspettare, aspettare ancora, poi capire che la ragione dell'attesa era l'Imam che non arrivava, poi bere la cocacola non richiesta che sennò si offendono, poi finalmente decidere di andare via anche perché non potevamo bloccare l'automobile, e allora, quando hanno capito che eravamo decisi ad andare via, hanno affrettato le cose, e anche senza Imam hanno sgozzato due pecore. Sul che alla radio Philip è stato chiamato per un'emergenza, e siamo scappati via non senza dei sacchetti pieni di cibarie (sacchetto di succo d'arancia, palline di farina fritte e un pacchetto di pasta farinosa). Philip aveva paura che la sua paziente con la placenta previa (vedi sopra) morisse, e quindi incitava l'autista a guidare come un pazzo suonando il clackson. A un posto di blocco è riuscito ad urlare a un casco blu armato fino ai denti "I am a doctor, man!". Se non mi è venuto un infarto in quel momento, credo non mi verrà più.

Comunque la palcenta previa è probabilmente in salvo, e ci siamo rimessi dalle nostre emozioni andando a mangiare l'aragosta in un ristorante su un pontile sulla laguna, per poi andare in una nuova spiaggia, vicino all'Hotel Africa, un posto che dovrebbe essere il più bell'albergo della Liberia, con tanto di viale lampionato a doppia carreggiata per raggiungerlo, di fianco al centro congressi. Peccato che detto superalbergo sia in stato di totale abbandono, con le piante che crescono tra i gradini dell'ingresso, e immagino il centro congressi essere in condizioni simili. La spiaggia invece è molto carina, non ci sono le onde e si possono fare grandi nuotate. Stanno costruendo una specie di bar-ristorante, e domenica prossima ci sarà l'inaugurazione, con pesce alla brace portato direttamente dai pescatori per tre dollari e mezzo, a detta delle ragazze che stavano sistemando tutto.


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